LASIK
Questa tecnica è particolarmente consigliata nei casi di astigmatismi o ipermetropie di grado medio-elevato nonchè nelle miopie di grado lieve-moderato in cui è necessario un recupero visivo molto più rapido rispetto a quello ottenibile con le tecniche di superficie come la PRK.
Negli anni passati,
si preferiva questa tecnica nelle miopie elevate preferendo l’ablazione di superficie per i difetti di minore entità. Questo perché, con le precedenti generazioni di laser, più era l’entità del difetto da trattare e più esisteva il pericolo di “haze” ossia di opacità corneali cicatriziali che invece non si presentavano quando il trattamento veniva fatto nello spessore della cornea ossia con la Lasik. Oggi invece, vista la migliorata qualità dei laser, la tendenza è esattamente opposta; nella miopia, si tende ad utilizzare la PRK per difetti di maggiore entità e la Lasik per miopie lievi; ciò vale anche per l’ipermetropia e l’astigmatismo che fino a 2-3 diottrie possono essere trattate senza rischi con la PRK.Un’altra cosa, non di secondaria importanza, che fa oggi preferire la PRK nei difetti miopici elevati è che tanti anni di esperienza di Lasik hanno insegnato che non bisogna assottigliare troppo la cornea per non rischiare nel futuro degli sfiancamenti o ectasie della superficie corneale posteriore cosa che di tanto in tanto ci capita di vedere in quei pazienti in cui, per un forte difetto visivo, la cornea veniva assottigliata troppo.
Un’ultima considerazione che può indurre il chirurgo a non fare una Lasik è un paziente con una pupilla estremamente larga, oltre gli 8 mm di diametro, in quanto il taglio che il microcheratomo riesce a fare (l’uso del laser a femtosecondi non è ancora di routine) non supera mai i 9,5 mm per cui se il laser realizza una zona ampia di trattamento con una buona transizione gli spot del laser finiscono sulla cornea non tagliata danneggiando l’epitelio e soprattutto senza un effetto utile di transizione.
La visita pre-operatoria
Come per la PRK e’ un momento di fondamentale importanza per l’intervento in cui attraverso accurati e scrupolosi esami è necessario uno studio non solo della refrazione del paziente ma soprattutto di tutta una serie di esami che potrebbero sconsigliare un intervento LASIK e far orientare il chirurgo verso una tecnica di fotoablazione di superficie o addirittura escludere la possibilità dell’intervento.
Enunciamo tutti gli esami da fare:
Autorefrattometria
Schiascopia
Cheratometria
Esame dell’acutezza visiva
Misurazione del diametro pupillare
E’ uno dei parametri più importanti da valutare ogni volta che si pensa di correggere un difetto visivo con il laser ad eccimeri; già nella tecnica di ablazione in superficie (PRK) una sua errata valutazione potrebbe influire negativamente sul risultato finale nella visione notturna; nella Lasik, oltre a questo, deve essere considerato anche il fatto che il taglio che il microcheratomo riesce a fare non supera mai i 9,5 mm di diametro per cui se il laser realizza una zona ampia di trattamento con una buona transizione gli spot più periferici della zona ablata finiscono sulla cornea non tagliata danneggiando l’epitelio e soprattutto senza un effetto utile di transizione. Lo studio della pupilla viene realizzato con un sofisticato strumento detto “pupillometro” il quale valuta la reattività pupillare in diverse condizioni di illuminazione, da quella scotopica (notturna) a quella fotopica (diurna).
Nei casi in cui si riscontra una pupilla eccessivamente larga in pazienti con difetti visivi di una certa entità può essere necessario escludere una Lasik e pensare ad una PRK oppure escludere il paziente del tutto da un eventuale trattamento visto che con una pupilla molto larga il laser dovrebbe ablare una quantità così elevata di tessuto che la cornea verrebbe pericolosamente troppo assottigliata con il rischio in futuro di sfiancamenti od ectasie della superficie corneale posteriore.
Biomicroscopia con lampada a fessura
Tonometria, tecnica di misurazione
Esame del fondo oculare
Nella Lasik bisogna essere ancora più scrupolosi nell’esplorare la periferia retinica in quanto in questo intervento è prevista una suzione del globo oculare che lo immobilizza completamente prima e durante lo scorrimento del microcheratomo; tale suzione innalza, anche se per pochi secondi, il tono oculare a circa 55-60 mm di mercurio per cui, qualora sfuggisse una lesione regmatogena periferica, si potrebbe avere qualche importante patologia retinica.
Pachimetria
Attraverso uno strumento detto “pachimetro ad ultrasuoni” oppure con una tomografia corneale computerizzata (Orbscan o Pentacam) si misura lo spessore corneale centrale, dato molto importante per valutare la fattibilità o meno dell’intervento; una cornea normale misura dai 500 ai 600 micron di spessore; quando questo è inferiore a questi valori potrebbe esserci una alterazione iniziale della cornea come un cheratocono frusto e ciò merita sempre grande attenzione; inoltre, come già spiegato in precedenza, con una pachimetria bassa, una consistente miopia ed un diametro pupillare ampio potrebbe essere necessario escludere una Lasik ed orientarsi verso una PRK e comunque evitare sempre che un trattamento laser assottigli troppo la cornea con il pericolo di sfiancamenti o ectasie corneali post-operatorie (cheratocono posteriore).
Topografia corneale computerizzata
Tramite la proiezione di un disco di Placido sulla cornea e l’interfacciamento con un computer, questo esame fornisce importanti dati qualitativi e quantitativi sulla superficie corneale anteriore calcolando il potere diottrico e il raggio di curvatura di centinaia di puntini di questa superficie e ne dà una rappresentazione grafica che appare come una mappa in scale codificate di colori.
In sede preoperatoria è un esame molto importante per escludere cheratoconi iniziali o altre patologie corneali ma soprattutto per valutare l’entità e la regolarità dell’astigmatismo nonchè le caratteristiche della superficie che sarà sottoposta ad ablazione soprattutto la forma, la simmetria e la curvatura. Il raggio laser, essendo uniforme, riprodurrà sulla zona ablata le stesse eventuali irregolarità presenti sulla superficie interessata dal trattamento.
Test di Schirmer
E’ un test che misura la quantità della lacrimazione per mezzo di una piccola striscia di carta assorbente la cui estremità viene posta all’interno della palpebra inferiore e tenuta in sede per qualche minuto.
Se è un test importante nella PRK lo è ancora di più nella Lasik in cui i pazienti presentano nel post-operatorio una evidente secchezza lacrimale che dura circa un anno. È indispensabile quindi evitare di sottoporre al trattamento Lasik pazienti con scarsa secrezione lacrimale di base che potrebbero presentare problemi di sofferenza del “flap” corneale, soprattutto nei trattamenti ipermetropici..
Come si svolge l’intervento.
Le fasi dell’intervento sono le seguenti:
Instillazione di alcune gocce di collirio anestetico 5 minuti prima di entrare in sala laser.
Il paziente si sdraia su un lettino mobile al di sotto dell’apparecchio laser.
Per una perfetta sterilità le ciglia vengono isolate da un cerotto adesivo sterile e subito dopo viene applicato un delicato divaricatore palpebrale (blefarostato) per evitare la chiusura delle palpebre.
Con un apposito marcatore corneale ed un colorante si segnano sulla cornea alcuni punti di repere importanti per il riposizionamento del flap corneale alla fine del trattamento.
A questo punto è necessario realizzare sulla cornea il “taglio lamellare” cioè tagliare un sottile strato semicircolare di tessuto superficiale (con un diametro dagli 8 ai 10 mm ed uno spessore dai 130 ai 200 micron); questo taglio viene comunemente realizzato da uno strumento chiamato “microcheratomo” oppure da un laser di ultima generazione detto “a femtosecondi”.
Quando si utilizza il microcheratomo viene posizionato sull’occhio un anello metallico collegato ad una pompa di suzione; nel momento in cui il chirurgo fa partire la pompa di suzione l’anello intrappola il globo oculare diventando tutt’uno con esso e facendo scomparire la visione al paziente che vede completamente nero; su un perno di questo anello viene inserito il microcheratomo all’interno del quale esiste una piccolissima lama di acciaio che grazie ad un motore elettrico oscilla in modo velocissimo in avanti e indietro ; lo strumento, avanzando automaticamente dal basso verso l’alto, esegue un taglio orizzontale di una lamella di tessuto corneale per circa 300 gradi, lasciando nella parte superiore una cerniera. A questo punto il “flap” corneale appena realizzato viene sollevato ed aperto come fosse “la pagina di un libro”.
Si è pronti a questo punto ad eseguire il vero e proprio trattamento fotoablativo con il laser ad eccimeri nella parte interna della cornea così esposta; questa fase dura dai 20 ai 50 secondi a seconda dell’entità del difetto da trattare durante i quali il paziente viene invitato a guardare una luce di fissazione lampeggiante proveniente dalla testa del laser.
Terminato il trattamento laser il “flap” corneale viene riposizionato utilizzando i punti di repere disegnati con un colorante e con un apposito marcatore nelle fasi di preparazione dell’intervento.
Si medica con colliri antibiotici, cortisonici e lacrime artificiali.
L’intervento è ambulatoriale, viene eseguito in genere bilateralmente e dura in tutto dai quattro ai sei minuti per occhio; è completamente indolore con un modesto fastidio indotto dal divaricatore palpebrale e dall’anello di suzione nella fase di creazione del “flap”; come nella PRK si avverte un odore di “pollo arrosto” dovuto all’effetto termico del laser sulla cornea .
Con gli attuali laser ad eccimeri di ultima generazione si riescono a correggere i difetti visivi con una precisione di circa il 90%; qualora non si riuscisse ad ottenere la correzione desiderata è possibile risollevare il “flap” corneale ed eseguire un ritrattamento dopo 4-6 mesi o anche oltre; nei trattamenti di ipermetropie medio-elevate è possibile ottenere nei primi mesi una ipercorrezione che quindi genera miopia ma che tende ad azzerarsi nei 5-6 mesi successivi portando l’occhio all’emmetropia; è quindi consigliabile in questi casi attendere prima di un eventuale “ritocco”.
Terapia post-operatoria
Somministrazione subito dopo l’intervento di colliri antibiotici, cortisonici e Acido Ialuronico per 5 giorni; analgesici per via orale nei rari casi di fastidio post-operatorio.
Instillazione di colliri cortisonici ed Acido Ialuronico 3-4 volte al giorno per 10 giorni.
Somministrazione di sostituti lacrimali 2-3 volte al dì per qualche mese.
Decorso post-operatorio
E’ incredibilmente rapido dopo Lasik.Nelle prime 2-3 ore dopo l’intervento il paziente può avvertire una sensazione di corpo estraneo, talvolta lacrimazione o fotofobia; tutti sintomi che scompaiono comunque nel giro di poche ore.
La visione subito dopo il trattamento risulterà già soddisfacente con un notevole miglioramento nelle 24 ore successive; per ottenere invece una buona “qualità” sarà necessario attendere qualche mese.
E’ bene ricordare che nei trattamenti di ipermetropie medio-elevate si ottiene nei primi mesi una ipercorrezione che quindi genera miopia ma che tende ad azzerarsi nei 5-6 mesi successivi; in questo caso quindi il decorso post-operatorio sarà un pochino più lungo.
Nei primi giorni è consigliabile:
- non frequentare ambienti eccessivamente polverosi, fumosi e secchi
- non sfregarsi gli occhi soprattutto al risveglio
- non truccarsi
- non esporsi a riflessi solari in maniera prolungata e senza occhiali di buona qualità
- evitare lampade abbronzanti
Si suggerisce per 3-4 settimane:
- di evitare i bagni in piscina o al mare
- di evitare il contatto con sostanze irritanti
- di prestare molta attenzione a shampoo e sapone.
- di sospendere o ridurre nei primi giorni le normali attività lavorative
Il chirurgo oculista responsabile del trattamento deve sottoporre il paziente a controlli inizialmente frequenti, poi a scadenza prefissata; tali controlli, compresi quelli topografici, si rendono assolutamente necessari per verificare l’andamento dell’intervento.
La negligenza nel seguire la terapia e le scadenze dei controlli può influenzare il risultato finale ed essere causa di complicanze.
Vantaggi della LASIK standard
I vantaggi della Lasik rispetto alla PRK sono i seguenti:
- completa assenza di dolore post-operatorio
- immediato recupero visivo
- terapia post-operatoria cortisonica di breve durata
- assenza di rischio di “haze” post-operatorio (opacità corneale)
- minore possibilità di regressione del risultato ottenuto
Svantaggi della LASIK standard
Gli svantaggi della Lasik rispetto alla PRK sono i seguenti:
- eseguibile solo per difetti miopici non particolarmente elevati, su cornee di buono spessore e con pupille non molto ampie;
- maggior rischio chirurgico correlato ad un possibile malfunzionamento del microcheratomo nel momento in cui si realizza il lembo corneale; è una complicanza possibile ma rara vista l’attuale affidabilità dei microcheratomi;
- non viene eseguita da tutti i chirurghi in quanto di più difficile esecuzione; è necessario affidarsi ad operatori con grande esperienza in chirurgia rifrattiva che hanno dedicato molto tempo all’apprendimento di questa tecnica chirurgica;
- costo dell’intervento più elevato.